In Francia l’età pensionabile resterà a 62 anni: passo indietro del Governo

La sospensione totale della riforma delle pensioni è stata annunciata recentemente da Sébastien Lecornu, segnando un arresto significativo nelle tensioni sociali e politiche che hanno caratterizzato la Francia negli ultimi due anni. L’iniziativa, che prevedeva l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, è stata accolta con un’ondata di proteste, scioperi e manifestazioni. Questo avvenimento rappresenta un importante passo indietro per l’amministrazione di Emmanuel Macron, ridonando voce a una popolazione stanca di misure auspicatamente economiche:

Un anno di battaglie sociali:

Dallo scorso anno, gli sforzi del governo per implementare questa riforma hanno scatenato una reazione collettiva da parte di milioni di cittadini. Le strade delle città francesi sono state testimoni di cortei massicci, e il sistema di trasporti ha subito gravi disagi. La riforma, presentata da Macron come un atto di responsabilità per evitare rischi finanziari, ha incontrato un’opposizione così ferrea che ha costretto il governo a ricorrere all’articolo 49.3 della Costituzione per approvarla senza un voto parlamentare. La sospensione della riforma non è quindi solo una questione tecnica, ma rappresenta una resa politica per il governo. La decisione di Lecornu di non utilizzare l’articolo 49.3 per altre misure, come la Finanziaria, riflette una volontà di ripristinare un dialogo con la popolazione e una consapevolezza della fragilità della posizione dell’esecutivo. Élisabeth Borne, l’ex premier che aveva messo in atto la riforma, ora si trova in una posizione paradossale, avendo riaperto la porta alla sua sospensione.

Una posizione atipica in Europa

Il rinvio della riforma lascia la Francia in una posizione isolata rispetto agli altri Paesi europei, come l’Italia e la Grecia, dove l’età pensionabile si attesta generalmente a 67 anni. In Danimarca, dove l’età è stata portata a 70 anni, il divario è ancora più marcato. La decisione di sospendere la riforma, però, comporta dei rischi, in particolare per la stabilità economica del Paese. Pierre Moscovici, presidente della Corte dei conti, ha sottolineato un disavanzo di 6,6 miliardi di euro nei regimi pensionistici per il 2025, evidenziando la necessità di riformulare strategicamente il sistema. La rinuncia alla riforma del 2023, che avrebbe potuto portare a un miglioramento significante delle finanze pubbliche entro il 2030, lascia intravedere un futuro incerto. La necessità di nuove entrate o di tagli severi si fa sempre più pressante.

Le lezioni del passato

La storia recente dell’Europa ci insegna che i governi che tentano di toccare le pensioni pagano un caro prezzo. Il caso di Alain Juppé nel 1995, dove le linee guida pensionistiche furono ritirate dopo settimane di forte opposizione, rappresenta un monito. Adesso, il disastro politico legato alla riforma delle pensioni di Macron mostra come, più il governo ha cercato di difenderla, più è cresciuta l’opposizione. Con una popolarità ai minimi storici e una nazione in fermento, il governo di Macron si trova ora a un bivio, costretto a rivalutare le proprie strategie in un clima di disillusione e sfiducia. La sospensione della riforma non è solo un gesto simbolico, ma un richiamo urgente alla necessità di un dialogo costruttivo e di un rinnovato impegno verso il benessere sociale.

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